Che si possa "ripensarci" ,ci sta, la materia è ostica di suo.
Io ad esempio, sono un dubbio unico: ho però costruito alcune certezze, mi sono fatta consapevole di ciò che sono, di ciò che (attualmente almeno) voglio e non voglio, ho un progetto di vita (anche se "Linda" ha una collocazione ancora vaga...), ho imparato (abbastanza) a gestire l'ansia e la frustrazione cui sono soggetta ciclicamente , facendomi bastare quel che ho.
Ci sono invece persone che , pur transizionando nel senso più estensivo del termine, non riescono a migliorare significativamente la loro qualità della vita, con conseguenze a volte terribili.
Martin, sembra non abbia avuto di questi problemi: è ritornato sui suoi passi, pur ammettendo di non rinnegare nulla di ciò che ha fatto, ritenendolo anzi un'esperienza consigliabile.
Quanto all'assunzione di testosterone , quindi altri ormoni, mi chiedo se fosse davvero necessaria, viste le tante "lelle" maschili che ci sono in giro ,certe sono dei vari macho..., poteva forse "accontentarsi.
Linda
"Che cosa sei, una donna o un uomo?
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Re: "Che cosa sei, una donna o un uomo?
Cara Novella,Novella ha scritto:L’articolo pazientemente tradotto da Martina apre orizzonti di conoscenza per me inaspettati. Sebbene certa del maggior grado di etica civile e sociale in Germania rispetto a ciò che si vive in questa ammuffita sacrestia a forma di stivale, non avrei immaginato la totale assenza di discriminazione su tutti i livelli ed in tutti i contesti. Certo, tutto è avvenuto in un ambiente di ceto alto, ma dubito che qui sia possibile senza dossieraggi, articoli di bassa lega, e bullizzazione e mobbing, tranne per poche isole felici nella P.A. e senza ruoli di carattere politico (o di interfaccia tra tecnico e politico).
Questo aspetto non è però quello centrale dell’articolo-biografia di Martin. L’aspetto centrale, secondo me, è il raggiungimento di consapevolezza ed equilibrio. Una consapevolezza inseguita sperimentando (come in molte delle nostre vite di persone, e certo non solo per gli aspetti di genere o crossdressing), fino al raggiungimento dell’equilibrio finale. Fino, cioè, a gioire di aver vissuto due vite in una, non rinnegare nulla della propria ricerca di sé, e rimanere equilibratamente consapevole di essere una persona, prima ancora di un oggetto sessuato/riproduttivo, una persona che ha i caratteri, almeno psicologici, di entrambi i generi, senza finzioni. Una persona al massimo della completezza.
Non vorrei essere fraintesa, per completezza non intendo una transizione medicalizzata di genere, ma piuttosto una capacità psicologica: essere una persona dotata anche di tutte le qualità che vengono stereotipicamente attribuite al genere opposto. Con il vantaggio di aver vissuto realmente sia da donna, sia da uomo.
In questo caso specifico la ricerca di sé e del proprio posto nel mondo è stata raggiunta passando per un cambiamento profondo come quello medicalizzato, per ben due volte.
E qui concordo con Cristina, che è un caso estremo, non scevro da rischi, sia passati che presenti, ma purtroppo (perdonatemi la franchezza) anche futuri.
Trovo di grande conforto le positive esperienze relazionali di Martin. Non tutte le trans hanno la fortuna di mantenere positivamente le relazioni precedenti, di ogni tipo.
"correggo" per veritá di cronaca la localizzazione della vicenda, il protagonista di questo "viaggio" è Svizzero ed il suo percorso si è svolto in Svizzera non in Germania. La Germania non è cosí evoluta come ci si aspetterebbe, per non parlare degli ex Länder DDR dove piú che evo sono invo-luti
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Re:
che figura da tontamartinas ha scritto: il protagonista di questo "viaggio" è Svizzero ed il suo percorso si è svolto in Svizzera non in Germania.
Meno male che non vado a pontificare in tv, sennò ridevano per settimane
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Re: Re:
Macché tonta la confusione è comprensibilissima, l'articolo originale è in tedesco io vivo in Germania :).Novella ha scritto:che figura da tontamartinas ha scritto: il protagonista di questo "viaggio" è Svizzero ed il suo percorso si è svolto in Svizzera non in Germania.
Meno male che non vado a pontificare in tv, sennò ridevano per settimane
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Re: "Che cosa sei, una donna o un uomo?
Articolo ricco di spunti di riflessione. Un tema che ho gia sentito in passato..il fatto di transizionare e poi rendersi conto che la transizione non rende più felici. personalmente di persone cosi non ne ho mai conosciute, nemmeno amiche di amiche. ne ho sentito sul web, quello si.martinas ha scritto: Per molti anni tutto si è sentito leggero, giusto e naturale. Ora, a volte sente questo piccolo sforzo. Dopo infinite conferenze in cui deve controllare la sua postura e la sua voce. Durante le lezioni, quando centinaia di paia di occhi la stanno esaminando. Sono le altre donne il cui aspetto teme di più, sono le più critiche. Poi desidera tornare a casa, respirare profondamente, lasciarsi andare.
Ha davvero l'energia per resistere?
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Pensa per un momento, poi dice: "Ma il tempo tra i trenta e i quarant'anni è fantastico per essere una donna - è allora che hai la fase giusta".
Ho sottolineato due passaggi: il doversi controllare, è sintomo di insicurezza, di mancata percezione di sé come donna, di forzatura. Sono segnali da non sottovalutare. O ci si sente sicure, anche se il corpo puo tradirsi (un pomo d adamo..) accettandosi nei propri limiti, o tutto diventa difficile, pesante, impegnativo. Qualcosa non va..
Poi una frase pericolosa.. si accetta l essere donna per la sua bellezza ( quella è l età) e poi si sente rifiuto per il dopo. Non funziona. Non si è donne a tempo. O lo si è sempre o non lo si è. E quando si pensa a una transizione, l invecchiare va messo in conto, non una ma due volte.
In Italia il percorso è di un tempo sufficiente a conoscersi, a capirsi, bisogna solo, come dicevo prima, non pensare che la transizione sia una soluzione. Bisogna stare bene con se stess*, il resto viene dopo.
Io personalmente sono un controsenso.. ho sempre pensato che le differenze tra uomo e donna siano principalmente culturali, un uomo per me puo essere delicato e dolce, una domma più rozza e dura. Dovrebbe essere una cosa legata lla personalità, non al genere. Idem nell abbigliamento.
Poi invece, per me, di mio sono molto binaria. Non stereotipata, ma il sentirmi donna ( culturalmente) mi porta a sposare quelle caratteristiche che sono viste come femminili.
Laura Bianchi