Hanno poi raggiunto le sponde del lago, dove nella luce limpida ma ancora un po' fredda hanno camminato a lungo tra la folla indifferente, soffermandosi di tanto in tanto per una fotografia di lei sullo sfondo di un albero fiorito, dei monti in lontananza, dello specchio d'acqua tranquilla. Non ha notato, lui, alcuno sguardo indagatore, ne' interesse da parte di chi andavano incrociando, ed ha anzi registrato divertito un "signora" rivolto alla sua compagna dalla cameriera al momento di prendere l'ordinazione, nel piccolo dehor di un grazioso baretto.
Hanno amabilmente conversato a lungo mentre camminavano e lei infreddolita -la giacca e' troppo leggera, era meglio il cappotto- si stringeva al braccio di lui cercandone l'appoggio e il calore. Lui ha ammirato le sue gambe sottili, le scarpe graziose, il luminoso sorriso e non senza una malinconica fitta al cuore si e' soffermato a pensare a quanto sarebbe stato bello poterle assomigliare, poter fare quel che lei stava facendo con naturalezza, disinvoltura, spontaneità.
Ha sentito, lui, come un nodo alla gola, prontamente attribuito alla cravatta troppo stretta, che pero' e' sembrato persistere anche dopo l'allentamento della stessa.
Hanno osservato il sole che via via scendeva verso la superficie dell'acqua, resa metallica dal riflesso dei raggi, ed hanno percepito il trascorrere del tempo che da neghittoso rigagnolo che era quando attendevano d'incontrarsi pareva ora diventato agile ruscello, ma ancora tanto ne rimaneva da trascorrere insieme quando decisero che era giunta l'ora di avviarsi per la cena.
Siedono al tavolo, una coppia elegante, lei con un grazioso vestito rosso e lui che indossa una candida camicia chiusa al colletto da una cravatta rossa anch'essa, annodata con cura, ed entrambi intenti l'uno verso l'altra mentre conversano scorrendo il menu', decidendo di primi, di pietanze, di bevande.
E' a me che il cameriere si rivolge quando giunto con la bottiglia del prosecco maldestramente ne versa l'assaggio nel bicchiere riempiendolo di schiuma, mentre tu osservi divertita questo mio calarmi nella parte, questo appropriarmi di un ruolo che ti sarebbe sembrato inverosimile fino a poco fa.
Ci fu un tempo in cui ero io quella che affascinava, che ammaliava, che seduceva. Un tempo in cui tu ancora immatura e acerba muovevi i primi passi e quel mio fascino subivi, muta soffrendo i miei silenzi, la mia noncuranza, le mie prolungate assenze. Ma ora le parti si sono invertite, ora sono io che fatico ad arginare, a porre un freno al fascino sottile che emana dalla tua figura e che discretamente mi seduce mentre mi spingo a cercare il tuo sguardo, a desiderare il tuo sorriso, ad avvicinare la mia mano alla tua col pretesto di ammirare la cura con la quale ne hai smaltato le unghie, e il gusto nella scelta del colore.
So cosa provi in questo momento, lo so perché conosco cosi' bene la sensazione dei capelli che riottosi si soffermano davanti agli occhi, del rossetto che ammorbidisce e profuma le labbra, del tessuto del vestito che fascia il corpo fino all'orlo estremo da cui spuntano le gambe impreziosite dalle calze. So come ci si sente mentre dal decoltè emana una fragranza fruttata e floreale, e so come si sta sedute coi tacchi affusolati e sottili che graziosamente alzano i talloni e ti fanno sentire in punta di piedi. Conosco tutto questo, eppure non l'ho mai provato come lo stai provando tu in questo momento se non nei sogni lontani di un tempo in cui a queste emozioni spesso m'accostavo, e a torto pensavo che in futuro le avrei fatte definitivamente mie.
E' sapere tutto ciò che mi da' la chiara percezione di quello che tu in questo momento desideri, ed e' per questo che poco fa ho appeso la tua giacca al guardaroba, poi ho riempito il tuo calice per il nostro primo brindisi insieme, e adesso rassicurante e attento ti guardo mentre mi parli con la tua voce tranquilla e serena, e rapito t'osservo senza aver più nozione di quel che accade intorno.
So cosa devo fare perché mi basta pensarmi al tuo posto, cosa mi sarebbe gradito, come vorrei che si comportasse il mio accompagnatore per farmi sentire ammirata e circondata da tutte quelle piccole attenzioni, da quegli affettuosi riguardi che rendono un incontro piacevole e memorabile al tempo stesso. So della tua passione per le fotografie che ti ritraggono, ed e' per questo che estratto il telefono lo uso per riprenderti mentre ti metti in posa sfoggiando quel sorriso aperto e raggiante che quasi mi abbaglia con la sua morbida, tenera bellezza. E' un dialogo il nostro solo in parte affidato alle parole, fatto in gran parte di sguardi, di gesti, di sotterranei segnali che andiamo scambiandoci in modo inconsapevole e tuttavia preciso, ad esprimere una vicinanza, una complicità che solo tra noi poteva stabilirsi.
Da quanto tempo ti conosco, saranno almeno dodici anni eppure mi sembra di vederti stasera per la prima volta e nel farlo rimango sorpreso, pur con tutte le cautele del caso, le incertezze, i dubbi che mi accompagnano. Quante cose hai fatto in questi anni che io non ho fatto, che non faro' mai. Pure non provo invidia né fastidio, ma solo la consapevolezza di strade diverse che il destino ha fatto incrociare ancora una volta portandoci qui stasera.
E sento che anche tu sei a tuo agio, che anche tu provi sentimenti simili ai miei e non c'e' bisogno di parlarne per averne la certezza, per capire che quel tempo lunghissimo che ci ha visti lontani qualcosa ha lasciato, che il discorso non era finito ma solo interrotto, e che stasera lo stiamo riprendendo in queste ore che trascorriamo insieme.
Ma il tempo, sempre lui, ritorna prepotentemente protagonista del nostro idillio mentre il cameriere nuovamente s'intromette -dolce? Caffè?- e attoniti, come se ci fossimo appena svegliati, ci rendiamo conto che sta per finire, anzi sta finendo, ed ecco: è già finita.
Escono nell'aria notturna ormai fredda, lui le offre il braccio sul selciato reso insidioso dall'umidità e lei a quel braccio s'appoggia con tenera gratitudine, quindi procedono appaiati sotto la luce della luna che splende su di loro nella notte ammantata di stelle.
S'addentrano nella penombra dei vicoli tortuosi dove più volte sostano, secondo l'uso, sotto quel romantico chiarore ondeggiando, come sospinti dalla brezza che sale dalle sponde del lago ed umida accarezza i vecchi muri, s'insinua tra i rugginosi cancelli, le severe inferriate e lambisce infine i filari di vigne che circondano l'antico borgo. E dopo aver dolcemente indugiato riprendono ogni volta il cammino a piccoli passi, transitano sotto un arco illuminato dalla luce calda e fioca d'un lampione che a lei d'un tratto ricorda certe suggestioni del Leopardi, mentre un gatto sceso agile da un davanzale si dilegua silenzioso nell'oscurità e una luce brevemente illumina una finestra. Sentono entrambi che il tempo, l'odioso tiranno, ormai non e' più rigagnolo ne' ruscello ma impetuoso torrente che con avida urgenza erode quel che rimane delle loro ore belle, delle loro ore brevi, ed e' nel tentativo di strappargliene gli ultimi spiccioli che ancora rimangono a contemplarsi reciprocamente stretti nell'incanto di un momento che inesorabile scorre anch'esso, e infine s'allontana.
Quando finalmente giungono alla vettura e si separano lui la lascia andare brevemente avanti, e mentre lei si volta ad aspettarlo e ancora una volta gli sorride lui le recita con voce sommessa, con malinconica galanteria, quei versi che la magia del momento gli ha suggerito, quelli che alla bellezza dello scenario in cui sono immersi la grazia di lei poeticamente accostano.
"You walk in beauty, like the night."
Cammini in bellezza, come la notte.
Grazie Veronica, per la bella serata.