"Le bambine possono mettersi tante cose belle, come vorrei essere una bambina!"
Avrà avuto circa quattro anni quando gli ho sentito pronunciare queste parole.
Un bambino sveglio, a cui piace giocare, ridere, parlare.
Un bambino normale insomma, senza problemi evidenti, innanzitutto un bambino che come tutti i bambini dice quel che pensa, senza pensare troppo a quel che dice.
Aveva ragione: le bambine possono indossare tante cose belle, e lui no.
Sul perché le cose vadano così lascio che siano i suoi genitori a spiegarglielo, semmai.
Certo, viene da pensare.
Anche se questo bambino non si vestirà mai da bambina, anche se da grande non si vestirà mai da donna né gliene verrà l'idea, se non sarà lui ce ne saranno altri che lo faranno.
Magari di nascosto, senza dirlo a nessuno, perché il papà e la mamma gli avranno spiegato che non si deve fare, o magari ci avranno pensato i compagni di scuola a farglielo capire a forza di prese in giro, di molestie, di insulti, a volte di botte che non si deve fare o almeno non si deve dire.
E nel pensarci mi torna in mente la mia storia, i frammenti dello specchio che riflettono ognuno un momento diverso dello stesso racconto.
Penso che poteva andar peggio, che non mi posso lamentare, certo.
Ma penso anche che questo è un gioco che non finisce mai, perché lo giocano in tanti e sempre nuovi ne arrivano.
Che forse non è neppure un gioco, anche se mi piace pensare che lo sia.
Perché è affascinante, attraente, proibito, spaventoso eppure delizioso, pericoloso a tratti ma non se ne può fare a meno a lungo.
E, soprattutto, perché non finisce mai.
Un gioco.
Infinito.
Anna20201213_10.jpg
Grazie, per avermi letto fin qui.