L'Essenziale
Inviato: domenica 17 marzo 2019, 12:01
Ciao a tutte voi.
Mi sono soffermata su molte riflessioni che proponete e che attraversano il campo delle mie di questo periodo. Molto interessanti le risposte.
Ne riprendo qui una di Lau, che si intitola “L’esperienza”.
Per molto tempo mi sono chiesta quale fosse il meccanismo che produce in me la necessità di vestirmi in modo femminile e quali siano i motivi per cui in certi momenti sento di dover assecondare tale necessità in modo anche estremo, mentre in altri momenti è sufficiente indossare anche solo una maglietta sformata per entrare nel giardino zen della mia femminilità, sia corporea che mentale.
Lo scrivo al presente perché la domanda persiste, anche se col tempo pare stia vincendo la "maglietta sformata".
Ci sono molti fattori che intervengono in questo processo, di alcuni dei quali (che sfuggono alla mia capacità di elaborazione razionale) scriverò probabilmente nei prossimi giorni, visto che sono curiosa di sentire la vostra opinione in merito.
Altri fattori fanno parte di quel groviglio di desideri e possibilità che costituiscono la nostra vita quotidiana. A volte vorrei “rivestirmi” di ciò che mi aiuterebbe a sentirmi come vorrei, e non è possibile. Come un tronco che sbarra il flusso di un torrentello e produce accumulo, ecco che quando la massa d’acqua lo scalza e mi viene quindi finalmente data la possibilità di esaudire la mia voglia, tendo a esagerare. L’ideale sarebbe avere un rapporto continuo e ininterrotto con la propria consapevolezza.
Io ho imparato questo trucco: porto sempre con me un piccolo simbolo di ciò che mi piace sentire di me stessa, ad esempio un anello particolarmente femminile come quello che ho in tasca in questo momento, e quando avverto agitarsi dentro di me la donna costretta a rappresentarsi troppo a lungo come l’uomo che vive al suo posto, affido a quel simbolo il compito di portare quiete interiore. Infilo l’anello e sorrido. E’ solo un trucco, ma funziona.
Funziona ora, naturalmente; all’età che ho raggiunto, dopo avere lavorato per una vita su me stessa. Di sicuro non avrebbe funzionato quando ero giovane e irruente nelle mie manifestazioni.
Un altro fattore importante, ben sottolineato qui, è il condizionamento ambientale. Se si desidero uscire e non si puòrischiare di stare in ascensore con un condomino che non sa nulla di quello che si ha dentro, con il tempo si impara a essere “minimalisti”, a raggiungere lo scopo con pochi tratti significativi: un trucco essenziale da farsi in automobile, un vestito semplice e carino da dissimulare sotto un cappotto, pantaloni inimmaginabili neanche tanto tempo fa (come è stato ben detto qui) che funzionano invece incredibilmente bene adesso, anche senza tacchi; pochi tocchi.
Con il passare del tempo ho imparato a raggiungere lo scopo con mezzi sempre più scarni e considero questa cosa una conquista.
C’è inoltre il fatto che gli anni contano più di quanto immaginassi da ragazza. La settimana scorsa mi sono mostrata ad un’amica con un vestito lungo, sotto il ginocchio, molto semplice e lineare; lei ha storto il naso dicendo che mi faceva troppo “signora” mentre in me ha sempre visto piuttosto una natura “sbarazzina”. Ho virgolettato le due parole, signora e sbarazzina, perché mi hanno colpita moltissimo, e ci sto ancora riflettendo.
Ecco, volevo chiedervi questo: se riguarda solo me questa crescente essenzialità nel porsi nel mondo, se pensate che sia una sorta di evoluzione, oppure sia un adattamento, di un ripiego oppure semplicemente una fase o qualunque altra cosa riteniate sia.
Un bacio
Persephone
Mi sono soffermata su molte riflessioni che proponete e che attraversano il campo delle mie di questo periodo. Molto interessanti le risposte.
Ne riprendo qui una di Lau, che si intitola “L’esperienza”.
Per molto tempo mi sono chiesta quale fosse il meccanismo che produce in me la necessità di vestirmi in modo femminile e quali siano i motivi per cui in certi momenti sento di dover assecondare tale necessità in modo anche estremo, mentre in altri momenti è sufficiente indossare anche solo una maglietta sformata per entrare nel giardino zen della mia femminilità, sia corporea che mentale.
Lo scrivo al presente perché la domanda persiste, anche se col tempo pare stia vincendo la "maglietta sformata".
Ci sono molti fattori che intervengono in questo processo, di alcuni dei quali (che sfuggono alla mia capacità di elaborazione razionale) scriverò probabilmente nei prossimi giorni, visto che sono curiosa di sentire la vostra opinione in merito.
Altri fattori fanno parte di quel groviglio di desideri e possibilità che costituiscono la nostra vita quotidiana. A volte vorrei “rivestirmi” di ciò che mi aiuterebbe a sentirmi come vorrei, e non è possibile. Come un tronco che sbarra il flusso di un torrentello e produce accumulo, ecco che quando la massa d’acqua lo scalza e mi viene quindi finalmente data la possibilità di esaudire la mia voglia, tendo a esagerare. L’ideale sarebbe avere un rapporto continuo e ininterrotto con la propria consapevolezza.
Io ho imparato questo trucco: porto sempre con me un piccolo simbolo di ciò che mi piace sentire di me stessa, ad esempio un anello particolarmente femminile come quello che ho in tasca in questo momento, e quando avverto agitarsi dentro di me la donna costretta a rappresentarsi troppo a lungo come l’uomo che vive al suo posto, affido a quel simbolo il compito di portare quiete interiore. Infilo l’anello e sorrido. E’ solo un trucco, ma funziona.
Funziona ora, naturalmente; all’età che ho raggiunto, dopo avere lavorato per una vita su me stessa. Di sicuro non avrebbe funzionato quando ero giovane e irruente nelle mie manifestazioni.
Un altro fattore importante, ben sottolineato qui, è il condizionamento ambientale. Se si desidero uscire e non si puòrischiare di stare in ascensore con un condomino che non sa nulla di quello che si ha dentro, con il tempo si impara a essere “minimalisti”, a raggiungere lo scopo con pochi tratti significativi: un trucco essenziale da farsi in automobile, un vestito semplice e carino da dissimulare sotto un cappotto, pantaloni inimmaginabili neanche tanto tempo fa (come è stato ben detto qui) che funzionano invece incredibilmente bene adesso, anche senza tacchi; pochi tocchi.
Con il passare del tempo ho imparato a raggiungere lo scopo con mezzi sempre più scarni e considero questa cosa una conquista.
C’è inoltre il fatto che gli anni contano più di quanto immaginassi da ragazza. La settimana scorsa mi sono mostrata ad un’amica con un vestito lungo, sotto il ginocchio, molto semplice e lineare; lei ha storto il naso dicendo che mi faceva troppo “signora” mentre in me ha sempre visto piuttosto una natura “sbarazzina”. Ho virgolettato le due parole, signora e sbarazzina, perché mi hanno colpita moltissimo, e ci sto ancora riflettendo.
Ecco, volevo chiedervi questo: se riguarda solo me questa crescente essenzialità nel porsi nel mondo, se pensate che sia una sorta di evoluzione, oppure sia un adattamento, di un ripiego oppure semplicemente una fase o qualunque altra cosa riteniate sia.
Un bacio
Persephone