Carriera se se M dentro ma F fuori

Moderatori: AnimaSalva, Valentina, CristinaV, vernica71, Melissa_chan, Alyssa, Roby, Irene

Avatar utente
Nathan
Utente incontrata
Utente incontrata
Messaggi: 493
jedwabna poszewka na poduszkę 40x40
Iscritto il: martedì 11 novembre 2014, 23:52
Località: Milano
Età: 40
Contatta:

Utente incontrato

Accesso area fotografica

Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da Nathan »

Oggi voglio affrontare il vero punto critico che deve affrontare una persona transgender non medicalizzata: ovvero la sua identità di genere e il suo riconoscimento sul posto di lavoro.
Ricordate quando ho scritto che, da quando vivo al maschile, ho "fatto transizionare" la società che mi circonda verso un percorso di inclusione e comprensione delle tematiche transgender e, quindi, anche della mia condizione?
Come la transizione fisica richiede degli step, anche quella sociale richiede step nei quali si fa coming out nei vari ambienti, e si chiede un riconoscimento della propria identità di genere, sia informale (come si viene chiamati e considerati), sia formale (come si viene tesserati o registrati almeno sul fronte accessibile, magari con una contro-documentazione legata al profilo anagrafico, accessibile solo per la segreteria).
Molte persone in un percorso non medicalizzato riescono a trovare la forza di chiedere questo riconoscimento alla famiglia, al o alla partner, agli amici, ai compagni di attivisti, alle associazioni legate ad hobbyes e passioni che frequentano, alla loro comunità spirituale, al partito politico che seguono, ma non sul posto di lavoro.
Come dice la parola stessa, in azienda si è dei "dipendenti", e quindi si "dipende", si è in una posizione di debolezza di contrattazione, e quindi, senza avere nessun riconoscimento legale in mano, si tende ad avere paura a richiedere rispetto, sia informale, sia formale.
E' vero che alcuni transgender non medicalizzati hanno un certificato di uno psicologo che attesta che la persona preferisce, per la sua serenità, che gli si rivolga al maschile e col nome d'elezione (scelto), ma è anche vero che le garanzie che dà un percorso medico-legale sono ben diverse, e che a volte anche le persone stesse in percorsi medicalizzati hanno problemi ad avere riconoscimenti formali ed informali fino al momento del cambio legale del nome e del genere (che richiede degli step obbligatori, tra cui la sterilizzazione e degli interventi demolitivi molto invasivi).
E' molto importante chiarire che le persone T non medicalizzate non è che "non vogliono la rettifica dei documenti". Semplicemente non sono interessate ad averla alle obsolete condizioni che in Italia sono ancora necessarie per averla.
Per queste ragioni, un transgender non medicalizzato non viene "preso sul serio", e viene spesso presa l'argomentazione di "carta canta". La persona transgender non medicalizzata fa una sorta di auto-affermazione, di auto-determinazione, e mancano i riferimenti esterni che "attestino" ciò che afferma, come se, vista dall'esterno, fosse una malattia, e fosse necessaria una "conferma medica".
Altro succede invece agli omosessuali, che autocertificano "de factu" la loro condizione, senza bisogno di una autoritas esterna.
Inoltre quando un omosessuale dichiara di esserlo, può essere incluso o non incluso, tuttavia il collega interlocutore (per quanto ostile sia), ha "compreso" cosa è un omosessuale, e "accetti" o meno, non chiederà di certo alla persona omosessuale, dopo quel momento, come sta la moglie (o il marito, in caso di lesbica).
Con le persone transgender è frequente, dopo il coming out, l'ignorare l'accaduto e il continuo rivolgersi alla persona col nome anagrafico e il genere grammaticale legato al sesso di nascita della persona.
Si riprende la problematica della "carta che canta", l'imbarazzo di dover gestire questa cosa senza esserne preparati, visto che la differenza (estetica e comportamentale) di una persona T non può essere eliminata.

E' difficile, senza una legge che ti supporti, presentarsi anche solo a un colloquio.
Mi dicono delle fonti attendibili che la categoria transgender, insieme a quella dei rumeni, è la maggiormente discriminata. la cosa mi fa amaramente sorridere perchè mi fa capire quanto ancora il semplice "genere" sia un tabù.
Ma le persone transgender vanno tollerate o incluse?
Facciamo un esempio, che riguarda non tanto i transgender ma in particolare coloro che sono anche attivisti. Come aAlcune categorie, come i testimoni di geova, ottengono permessi speciali per fare volontariato, perché non estendere questi permessi agli attivisti T?

L'inclusione della persona transgender in ufficio attraversa due tematiche: quella anagrafica e quella dell'espressione di genere.
Vi faccio un esempio spicciolo per comprendere la differenza tra queste due esigenze:
se io andassi in un ufficio in cui mi permettessero di vestire da uomo (espressione di genere), ma mi continuassero a chiamare Genoveffa (questione anagrafica), io mi sentirei accettato per metà, ma sarebbe sempre meglio di dover lavorare come "vigilessa" in gonna e tacchi al semaforo.

La tematica dell'espressione di genere comprende sia gli abiti da lavoro, sia eventuali divise, sia le tenute di eventuali cene aziendali o incontri coi clienti, che potrebbero richiedere una certa eleganza, ma anche l'uso di spogliatoi, bagni.
Si deve considerare che ogni persona transgender ha una diversa esigenza. Ad esempio alcuni transgender di identità definita vorrebbero usare il bagno del genere d'elezione e non quello relativo al sesso di nascita. Alcune preferiscono bagni "neutri", alcuni bagni appositi per transgender, a volte ripiegano sul bagno per disabili, e tutto questo sia per ragioni identitarie (magari la persona in questione non ha un'identità aderente nettamente a un solo genere), sia per ragioni pratiche (per non mettere in imbarazzo colleghi poco sensibilizzati).
Per quanto riguarda l'inclusione della diversità, a poco serve un lasciapassare dall'alto, se non si associa a una potente sensibilizzazione del personale alle tematiche di identità di genere e anche solo a quelle relative al binarismo di genere. Ne gioverebbero anche le donne eterosessuali e le persone omo e bisessuali cisgender (non transgender).

La tematica anagrafica comprende tutta la questione del nome presente sul badge, sui buoni pasto, sul tesserino, sulla mail.
Ovviamente le aziende più illuminate mettono su tutti i documenti informali il nome d'elezione, quelle "illuminate a risparmio energetico" :-) mettono il semplice cognome o un numero di matricola.
Ovviamente è semplice, se si vuole, come fanno già molte associazioni, creare una controdocumentazione col nome anagrafico, che sia visibile solo per mandare la busta paga, quindi solo all' Ufficio Risorse Umane.
Ci sono delle professioni (come quella, appunto, del vigile urbano) dove viene richiesta continuamente una firma valida.
Su questo un datore di lavoro deve davvero ingegnarsi, e compiere quel passo in più, superando uno stato che ha una legislazione lacunosa. In poche parole, essere aziende friendly all'estero è molto più facile che esserlo in Italia.
Di certo nel mondo dei liberi professionisti (avvocati, architetti, commercialisti), una persona transgender non medicalizzata non è discriminata da colleghi e capi, ma da clienti e fornitori, ed è una discriminazione che "antecede" il rapporto di lavoro, ovvero che esclude.
Se la persona T è scaltra, può crearsi un suo giro di clienti friendly, a cui spiega la situazione e comunica che, al momento della firma, apparirà un altro nome, oppure può sfruttare il più possibile il marchio della società legata alla sua partita iva, anteponendolo il più possibile al suo.
Ad ogni modo sono tanti i liberi professionisti che, dopo il coming out, perdono i clienti, e , diversamente dalle aziende, dove puoi frenare bullismo e mobbing, nella libera professione come freni la fuga o la sottrazione di un committente nel libero mercato?
Per non parlare di come una persona transgender finisca, di questi tempi, ad inseguire cattivi pagatori, coi quali si sente in posizione delicata, perchè magari loro l'avevano "accettata".

Infine, concludo parlando non di chi il lavoro ce lo ha (da dipendente) o se lo inventa ogni giorno (liberi professionisti), ma di chi il lavoro lo sta cercando, o perché non lo ha, o perché lo vuole cambiare.
E' facile parlare della casistica della persona transgender che non ha avuto accesso all'istruzione e cerca un lavoretto o uno stage che dia anche una prima formazione (magari informatica, ad esempio).
Si parla meno di tutte quelle persone transgender, diplomate e laureate, magari anche con un bel lavoro a tempo indeterminato, magari anche stimate lavorativamente parlando, con scatti di anzianità, che hanno ricevuto promozioni...ma che vorrebbero cambiare lavoro perché l'azienda non è friendly in relazione alla loro identità di genere.
E' chiaro che a questi alti e medi profili non si possono offrire stages e lavoretti precari. Un professionista T, come un professionista non t (cisgender), cerca una posizione pari alla sua, se non superiore, e vorrebbe che, al momento del colloquio, la tematica di genere sparisse, per lasciare spazio alle competenze, alla contrattazione che un professionista fa, quando presenta se stesso a un committente o ad una azienda.

In questo momento esatto, il momento del colloquio e ancor prima dell'invio del cv, nascono amletici dubbi su come una persona non rettificata e/o di aspetto ambiguo possa compilare il curriculum vitae, magari occultando il nome anagrafico, inserendo quello d'elezione e allegando una dicitura che sia chiara, riconosciuta universalmente da aziende e datori di lavoro (magari anche grazie a circolari ed eventi di sensibilizazione), che permetta alla persona T di arrivare al colloquio e di trovarsi di fronte una persona preparata e pronta a metterla a suo agio ed a farla concentrare sulle sue competenze. Le stesse riflessioni valgono sul vestiario che la persona T sceglierà per sentirsi a proprio agio durante i colloqui.
E' difficile scegliere il compromesso migliore. Senza un'adeguata preparazione delle aziende, la persona T rischia di essere scartata all'inizio, se presenta una foto discordante rispetto al nome, o una foto ambigua non accompagnata da spiegazioni, o magari proprio per le spiegazioni che mette, o di essere scartata dopo se in modo "gnorry", manda il cv come se fosse biologicamente del genere d'elezione, per poi dover impantanarsi dal vivo in maldestri chiarimenti.

La chiave di tutto rimane dunque la sensibilizzazione, e gli strumenti che devono essere dati agli operatori del mondo del lavoro per non perdere validissime risorse umane che chiedono solo di essere messe a proprio agio riguardo alla tematica di genere.
Se davvero si è fatto tanto, negli anni, per la parità dei generi, non facciamo si che le persone trans, semplicemente esistendo, siano la prova vivente che il genere ancora ha un suo peso nel mondo del lavoro.
Ultima modifica di Nathan il giovedì 10 dicembre 2015, 23:58, modificato 2 volte in totale.

Avatar utente
LauraB
Queen
Queen
Messaggi: 5868
Iscritto il: martedì 11 novembre 2014, 22:10
Località: Brescia
Età: 59
Contatta:

Utente incontrata

Donna

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da LauraB »

Parecchia carne al fuoco, ma quello che noto è una stanchezza di fondo, una stanchezza mentale. E come tale va affrontata, riposandosi, mentalmente. Intanto per staccare un attimo, poi per chiarisri le idee da una prospettiva più ampia.
Anche le auto ogni tanto fanno la revisione, ecco, serve anche a noi una revisione periodica.
Il problema è che l essere fuori dagli schemi comincia a pesarti, non tanto a te ma in riferimento alle risposte degli "altri" e soprattutto per l impiego professionale. Problema comune a tante, soprattutto in un momento di crisi del mondo del lavoro. Ci sono caduta pure io, nel mio piccolo, tempo fa.
In primo luogo non credo che negare se stessi ci faccia stare meglio, puo succedere per un breve periodo, ma poi il nostro io salta fuori, e sempre più rafforzato.. Quindi, da qui non hai scampo. E se non gli dai spazio, lui ti punirà facendoti star male.
In secondo luogo, tu, uscendo dal binarismo perfetto, dovresti avere qualche difficoltà in meno, potendo muoverti tra gli spazi M e F. Sii te stesso.
In terzo luogo, riguardo al lavoro, fai valere le tue capacità e soprattutto la tua serietà, vedrai che aiuta.
Laura Bianchi

Avatar utente
angelaingrid
Princess
Princess
Messaggi: 4333
Iscritto il: lunedì 27 ottobre 2014, 15:29
Località: Livorno
Età: 66

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da angelaingrid »

Io sarei la persona meno adatta a consigliarti, in quanto collega che conosce benissimo tutto quel mondo e quel sottobosco.
In effetti anch'io sarei un po' disforico professionalmente, se non altro per la situazione attuale, l'eccesso di burocrazia, i clienti d'oggidì e quel X%#§@!!!&%%!!! del Decreto Bersani.
Infatti mi sto guardando intorno e mi sa che accetterò la prima offerta che mi dovesse capitare, fosse pure custode notturno di una ferramenta...
Con tanti bei saluti alla laurea, alle pubblicazioni, alle specializzazioni post laurea e a tante altre belle cose. : Hurted :
L'eterno fascino risiede nell'anima, non nel tempo o nella moda. La vera bellezza risiede nella grazia dell'anima, nel portamento e nella gentilezza, indipendentemente dall'età o dalla moda.

Avatar utente
sylvix
Princess
Princess
Messaggi: 2416
Iscritto il: martedì 21 ottobre 2014, 3:09
Località: worthing
Contatta:

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da sylvix »

già scritto in post similare, forse, ma repetita juventus.

nei primissimi anni 90, dopo la laurea, avevo -volendo- la posssibilità d'imbucarmi in qualche posto pubblico volto alle attività varie ed eventuali allora in voga; avrei fatto carriera -nel senso popolar-pecoreccio del termine- e oggi, magari, sarei una supermerda di dirigente alla diversificazione delle stesse attività varie ed eventuali, rimodernate e rincarate.
schifo più profondo, già allora.
neppure ho voluto seguir le orme paterne, facendo medicina, e proseguir così la tradizione familiare.
non sopporto la vista del sangue, come potrei usare un bisturi?
invece, per evitare i casini in famiglia che erano all'ordine del giorno in quel periodo, me ne andai a lavorare all'estero, principalmente in medio-oriente e america latina per la precisione.
l'unico periodo vissuto da dipendente(all'acqua di rose in verità), per una nota azienda; posto ottenuto in virtù di una serie di strane coincidenze: lei è dei nostri, mi disse fantozianamante il capoccia, dopo un brevissimo e informale colloquio in cui toccammo anche il pertinentissimo argomento delle auto d'epoca.
dopo tre-quattro anni vissuti sostanzialmente alla zingara, essendomi rotto di mangiar merda e vivere dentro container o sudici alberghi a mezza stella, mi licenziai e nel giro di un paio di mesi, con un ritrovato amico di corso, misi su la mia prima società.
casualmente, sempre per le coincidenze della vita, ebbi modo di partecipare a un progetto di un'università canadese, sulla realizzazione di un server web sperimentale.
fu più una partecipazione da lurker che da sviluppatore, ma si rivelò una scelta fruttosa, visto che avevo pieno accesso all'intero codice sorgente che mi sarebbe stato utile in seguito.
infatti, qualche tempo dopo, ancora per caso, il mio vicino di casa a forte dei marmi, figlio di inglesi babbioni che venivano in vacanza d'estate, aveva la necessità di trasmettere i dati in modo veloce fra i suoi uffici e le agenzie collegate: una sera, in mezzo a birra e sigari, parlando di zoccole e macchine, mi venne fuori l'idea di spedire i dati via web -era il 1995/96- gli brillarono gli occhi al tipo, quando gli dissi -at no cost- e così a breve tempo misi a punto un software che grossolanamente faceva quanto richiesto.
visto che operava già in italia, mi propose di fare società a milano.
nel giro di poche settimane lasciai la vecchia società, vendetti la mia 911 gialla del 1974 e, con gli altri pochi risparmi che non mi ero sputtanato, versai le quote, la cauzione per la casa in affitto e iniziai l'avventura che per oltre dieci anni ha scandito totalmente il mio vivere e mi ha portato in giro per mezzo mondo.
poi, essendomi questa volta scocciato di vivere in aereo, 6-7 anni fa, ho ceduto le quote rimanendo nell'organizzazione come mascotte-consulente-tout-court, soprattutto perchè ci sono vecchi clienti che a tutt'oggi vogliono parlare solo con me.
comunque presto uscirò anche da questa situazione, visto che ho altri progetti in ballo per il mio futuro.
la morale sta nel fatto che tergiversare non porta a nulla poichè il lavoro bisogna crearselo nel mix fra sacrificio, competenze personali e intuizione.
non sono mai stato negli schemi neppure io, non ho mai scritto un curriculum in vita mia, non saprei neppure da dove iniziare.
però so esattamente che nel mondo del lavoro, almeno a certi livelli, esistono delle regole ben precise e ogni azione eversiva-o-non-conforme porta inequivocabilmente ad esserne estromessi senza alcuna possibilità di appello.
jeg taler ikke dansk!

Avatar utente
marie
Utente Bannato
Utente Bannato
Messaggi: 307
Iscritto il: martedì 10 novembre 2015, 0:58
Località: Liguria
Età: 61
Contatta:

Utente bannato

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da marie »

Mi sembra che pur capendo un sentire interiore non sia così complesso trovare una soluzione di buon senso anche se circa il diverso trattamento retributivo, c'è poco da fare, fino a quando si dividono le persone in tante piccole entita' a se' stanti, accade questo.
[thumbnail=left]http://www.marieclaire.it/var/marieclai ... wnonly.jpg[/thumbnail]

Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po', perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell' Alabama, e cosi feci. Corsi attraverso tutta l'Alabama, e non so perché continuai ad andare. Corsi fino all'oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre. Quando arrivai a un altro oceano, mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girarmi di nuovo e continuare a correre; quando ero stanco dormivo, quando avevo fame mangiavo, quando dovevo fare... insomma, la facevo! (Forrest Gump)

Avatar utente
Nathan
Utente incontrata
Utente incontrata
Messaggi: 493
Iscritto il: martedì 11 novembre 2014, 23:52
Località: Milano
Età: 40
Contatta:

Utente incontrato

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da Nathan »

a me la libera professione non interessa.

quindi devo semmai migliorare la mia formazione, o mandare il cv, ma nelle aziende

come libero professionista sarei troppo discriminato, perchè per procacciare i clienti dovrei pescare dalla mia socialità extralavorativa,
e in quella, perlomeno in quella, sono uomo t

Véro
Princess
Princess
Messaggi: 1379
Iscritto il: mercoledì 22 ottobre 2014, 14:36
Località: Roma
Età: 76

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da Véro »

Caro Nathan... sei incasinato mica male! E non voglio entrare in un discorso molto complesso e squisitamente personale: non ne ho la competenza e farei solo casino. Posso invece, come altre, raccontarti mie esperienze sperando che ti servano nelle tue scelte.
Io ho raggiunto livelli notevoli nel "pubblico" e soprattutto li ho raggiunti molto precocemente: a 37 anni ero già ai vertici della mia carriera lavorativa (e ci sono rimasta per un trentennio, prima di andarmene delusa e disgustata).
Primo punto: come ci sono arrivata? Sicuramente avevo dei numeri (ma questo, nel pubblico, non sempre aiuta!) e sicuramente ho avuto un Capo che mi ha "portata" (perché, non lo so: mi apprezzava anche se, "monetariamente", non gli rendevo molto...), ma altrettanto sicuramente ho avuto FORTUNA: un insieme di circostanze che mi hanno spalancato un varco, prontamente occupato dal Capo citato (anche se molti, allora, dissero che lo aveva fatto per togliermisi d'intorno, visto che ero diventata troppo ingombrante!). Quindi, inutile prendersela con l'uno o con l'altro: la sorte ha un peso enorme e alcuni aspettano tutta la vita un'occasione che, magari, non si presenterà mai; bisogna tuttavia essere pronti a pigliarsela, quell'occasione, se si presenta, perché sicuramente non lo farà una seconda volta.
Secondo punto: come mi ci sono trovata? Direi MALE. Io potevo anche essere un'eccellente collaboratrice, una di quelle che, ferma restando la gerarchia, poteva parlare col Capo da pari a pari perché "vedeva" con occhi analoghi a quelli del Capo ma ragionava con una "testa", ovviamente, diversa, forse più creativa anche se, per mancanza di esperienza, meno pragmatica; solo che il mestiere di Capo non faceva al caso mio e non perchè l'abbia fatto male, ma perché non era quello per cui ero tagliata: ripeto che io ero una creativa, ma innanzitutto in prima persona (mi piaceva "menar le mani") e poi con la necessità di qualcuno che disciplinasse i miei spunti creativi (cosa che faceva benissimo il mio Capo!); ora, se si desidera dare stabilità ai propri collaboratori, bisogna rinunciare ai voli pindarici e fissare delle regole a cui però bisogna sottostare per primi... Mi sono così autocondannata ad un lavoro di "gestione" delle risorse umane a disposizione che, se da una parte ha consentito loro di crescere e realizzarsi in tranquillità, dall'altra mi ha progressivamente logorata e disaffezionata senza, soprattutto, che mi sentissi mai realizzata. Quindi, non bisogna credere che il raggiungimento del vertice sia ipso facto la realizzazione di se stessi (a meno che il carattere dominante non sia l'Ambizione: non il mio caso): talvolta paga di più il poter continuare a "giocare" col lavoro che si ama, anche se questo comporta la rinuncia a traguardi apparentemente più elevati ed appetibili o, sempre apparentemente, più confacenti alla propria qualità.
Terzo punto: quali rapporti con i Collaboratori? In trent'anni di vertice ne ho avuto di Collaboratori, considerando che, a disposizione, ho avuto un organico oscillante tra 80 e più di 100 operativi...! Ebbene, con me non c'erano vie di mezzo: o mi si amava o mi si detestava, dato che le regole che avevo fissato erano veramente... fisse! Tuttavia, a parte poche eccezioni, i rapporti sono stati buoni e fruttiferi perché non ho mai preteso che i Collaboratori dovessero fare più di quello che erano in grado di fare: ho però fatto largo all'"intelligenza" e, sempre nel rispetto delle regole, alla "voglia di fare" dei singoli, perché (come ricordavo ciclicamente ai riottosi) la realizzazione di uno significa, per un gruppo di lavoro, la realizzazione dell'intero gruppo e l'intero gruppo ne gode le ricadute positive. In quest'ottica si sono situati i rapporti con le donne (circa il 50%), con i gay (molto numerosi, negli anni) e con le lesbiche (un paio): assolutamente nessuna discriminazione: valevano per tutti solo le capacità e la voglia di far gruppo!!! Ma... ne abbiamo mai parlato? No, ufficialmente. Che mi ricordi, solo una lesbica ha cercato, in privato, il dialogo: l'ho accettato, ma solo per confermarle che le sue performances sessuali, purché svolte in privato, non mi interessavano affatto. T non ne ho mai avuto, ma sarebbe stato lo stesso identico discorso. Ma perché non approfondire? Perché un Capo non può e non deve entrare nella sfera privata dei propri Collaboratori o potrebbe prestare il fianco a critiche pesanti circa presunte facilitazioni o vessazioni: un Capo lo è solo sul lavoro e deve restare in questo ambito (che è il suo) condannandosi spesso, in tal modo, all'isolamento ma preservando sempre le sue capacità e prerogative decisionali senza trascinarsi appresso supposte o reali code di paglia. Quindi, la mancanza di un dialogo (su questioni private) con i superiori non sempre è un fatto negativo: se questi sono onesti, è semmai una garanzia di imparzialità.
Questo per quel che mi riguarda. Ma vorrei sottolineare dei buoni consigli che altre sorelline ti hanno dato....
sylvix ha scritto:on sono mai stato negli schemi neppure io, non ho mai scritto un curriculum in vita mia, non saprei neppure da dove iniziare.
però so esattamente che nel mondo del lavoro, almeno a certi livelli, esistono delle regole ben precise e ogni azione eversiva-o-non-conforme porta inequivocabilmente ad esserne estromessi senza alcuna possibilità di appello.
Eccone uno. Io ho dettato delle regole ai miei Collaboratori: non ho mai avuto la possibilità di "far fuori" i pochi che le hanno volutamente infrante, ma, ne avessi avuto la possibilità, lo avrei tranquillamente fatto. Perché le regole erano a loro vantaggio e, se le rifiutavano, significava che non avevano l'intelligenza nemmeno per sfruttarle a loro favore. Eppure, tutti sapevano che io ero un giudice forse rigido (ma pagavo pegno anch'io per prima) ma assolutamente onesto. Ma c'è un'altra faccia della medaglia: quella personale. Come detto, a 37 anni ero ai vertici... sì, ma in periferia, e per 30 anni... ci sono rimasta. Perché? Perché una creativa può imporsi delle regole ma non può impedirsi di restare creativa, dentro di sé; e questo viene percepito. Quindi, l'establishment non mi ha mai amata: formalmente non ero "discutibile", ma non ero nemmeno perfettamente allineata e quindi... meglio che restassi lontana dai veri centri di potere! CHIARO?
LauraB ha scritto:In terzo luogo, riguardo al lavoro, fai valere le tue capacità e soprattutto la tua serietà, vedrai che aiuta.
Io ne sono sempre stata convinta... ma "aiuta" solamente e non sempre è un elemento "risolutore", purtroppo. Io credo, invece, che "lavorare divertendosi" sia Fondamentale: finché il lavoro è, per te, un gioco, la vita ti scorre lieve e piacevole e passi sopra tranquillamente a tutte le avversità. Ma sta in te farlo rimanere un gioco!!!!

Baci
Véro
Utente dimessasi il 13/7/2018

Avatar utente
Nathan
Utente incontrata
Utente incontrata
Messaggi: 493
Iscritto il: martedì 11 novembre 2014, 23:52
Località: Milano
Età: 40
Contatta:

Utente incontrato

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da Nathan »

non riesco a capire se questa "carriera" l'hai fatta in panni maschili

aggiungo che piu che la "carriera" mi piacerebbe un lavoro coerente coi miei studi e con un ctr stabile

Avatar utente
LauraB
Queen
Queen
Messaggi: 5868
Iscritto il: martedì 11 novembre 2014, 22:10
Località: Brescia
Età: 59
Contatta:

Utente incontrata

Donna

Accesso area fotografica

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da LauraB »

Véro ha scritto: Io credo, invece, che "lavorare divertendosi" sia Fondamentale: finché il lavoro è, per te, un gioco, la vita ti scorre lieve e piacevole e passi sopra tranquillamente a tutte le avversità.
perfettamente d'accordo! ho sempre considerato che bisogna "divertirsi". Il lavoro e il posto di lavoro non devono essere una valle di lacrime, ma visto che comunque ci si passa un tempo considerevole della propria vita, bisogna trovarsi il meglio possibile. Meglio un occupazione che ti realizza che una di prestigio ma noiosa o peggio.
Laura Bianchi

Avatar utente
marie
Utente Bannato
Utente Bannato
Messaggi: 307
Iscritto il: martedì 10 novembre 2015, 0:58
Località: Liguria
Età: 61
Contatta:

Utente bannato

Re: Carriera se se M dentro ma F fuori

Messaggio da marie »

Nathan ha scritto:non riesco a capire se questa "carriera" l'hai fatta in panni maschili

aggiungo che piu che la "carriera" mi piacerebbe un lavoro coerente coi miei studi e con un ctr stabile
Mah sai, non è che voglia "tranquilizzarti" ma il tuo, non è un problema legato al "crossdressismo", come a voi piace chiamarlo, ne alla sessualità, che poi e' cosa privata e individuale e personale e non capisco sinceramente come mai in una certa parte debba essere esibita, come forma di autoaffermazione, diventando poi altra cosa e spesso degerativa per lo stesso individuo che si accomuna.

Il problema va visto, al di fuori del particolare. E' un problema che oggi ed anche ieri, hanno e hanno avuto tutti i giovani, oggi più che mai, essendoci un mondo del lavoro diverso, disgragato e come attivita' e come forme retributive e contrattuali (visto che ora stiamo parlando di lavoro "fisso").

Un lavoro fisso poi che dia "soddisfazione" alle proprie ambizioni personali e ci valorizzi è cosa rara, non facile e spesso, la vita ci porta ad adattarci per ..vivere o perche' magari non troviamo la nostra strada subito o mai o la nostra strada sarebbe troppo difficile da perseguire in quel particolare momento e ci poterebbe a ragionare egoisticamente solo per noi stessi, cosa che sovente non è possibile perchè di hanno delle responsabilità e questo sin dalla piu' giovane eta' se si e' fortunati o sfortunati che dir si voglia.

Il lavoro e' pero' cosa assai importante. Non ho ben capito che cosa ti piacerebbe come lavoro in realta', in cosa vedi te realizzato.

Circa gli aspetti "individuali" del vestirsi ... penso che andrebbero vissuti con parsimonia nell'ambito al di fuori del proprio privato.
Da quello che intendo sei privilegiato, un abbigliamento "maschile" non è così visto male come lo e' quello femminile che crea uno schock visivo e mentale in chi lo vede all'improvviso e quindi basta che non esageri con barba e baffi ... mi pare che potresi "comodamente" vivere e lasciar vivere senza per forza andare a fare altro, del resto in questo, secondo me, c'e' anche il rispetto di ognuno per l'altro-a.

Non so se sono stato d'aiuto dicendo le cose come le vedo io, nella mia semplicità, di uomo, abbastanza formale e riservato.
[thumbnail=left]http://www.marieclaire.it/var/marieclai ... wnonly.jpg[/thumbnail]

Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po', perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta lì pensai di correre fino la fine della città, e una volta lì pensai di correre attraverso la contea di Greenbow. Poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell' Alabama, e cosi feci. Corsi attraverso tutta l'Alabama, e non so perché continuai ad andare. Corsi fino all'oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre. Quando arrivai a un altro oceano, mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girarmi di nuovo e continuare a correre; quando ero stanco dormivo, quando avevo fame mangiavo, quando dovevo fare... insomma, la facevo! (Forrest Gump)

Rispondi