Tre giorni al limite

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AnnaSettantatre
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Tre giorni al limite

Messaggio da AnnaSettantatre »

Stazione di Orte, binario 5.

E' un sabato mattina di marzo, domani sarà pasqua,
Attendo con mia moglie il treno per Roma, a qualche decina di metri da noi la mia amica Steffi sta telefonando.
Due poliziotti si avvicinano, ci chiedono i documenti.
La prima cosa che mi viene in mente da dirgli, e che gli dico, è che la residenza indicata sul mio documento non è aggiornata, che poi è la stessa cosa che gli avrei detto in circostanze normali.
"Non si preoccupi, non importa" è la risposta.
Le circostanze a dire il vero tanto normali non sono: indosso un giubbottino nero leggero in similpelle, una maglietta rosa scuro abbondantemente scollata, un paio di jeans skinny e i miei inseparabili anfibi neri e, ovviamente, trucco e parrucca bionda.
Non provo inquietudine o apprensione, curiosamente immagino che se uno di loro mi chiedesse perché vado in giro così, ecco, non saprei cosa rispondergli.
Ma i due non fanno una piega, controllano i documenti -il mio e quello di mia moglie- poi ringraziano, ce li restituiscono e procedono oltre.
E così senza quasi neanche accorgermene passo il mio primo controllo da parte delle forze dell'ordine, mentre sono al femminile e attendo il treno per Roma, al binario 5 della stazione di Orte, in questo assolato e ventoso sabato prima di pasqua.

Siamo immersi nella fiumana di persone che da Termini si dirigono verso il colosseo e nessuno fa caso a me, o almeno credo. Poco fa Steffi mi ha detto che potrei assomigliare a una turista del nord Europa, sia per l'altezza che per la capigliatura, e allora ho deciso che per un po' mi rivolgerò a lei parlando inglese, perché trovo divertente giocare a fare la svedese in visita alla capitale. Mi sento bene e a mio agio in mezzo a questa folla cosmopolita e varia, non provo particolari emozioni, ma mi sembra di essere, come dire, al mio posto.
Poco più tardi, con lo sfondo del colosseo, Steffi mi farà alcune foto ed una in particolare mi piacerà: indosso gli occhiali da sole, ho i capelli scompigliati dal vento, sorrido.

E' notte fonda a Bagnaia, piccolo borgo diosaddove che abbiamo raggiunto per cenare in una pizzeria, Steffi è andata a parcheggiare e ci ha detto, a me e a mia moglie, di entrare nel locale e di andare a prendere il tavolo ma io mi sono bloccata, e ho deciso di aspettarla fuori, in un angolo in cima alla discesa che porta all'ingresso.
Fa freddo e tira un vento gelido, indosso un giubbino bianco imbottito, una gonna pantalone grigia abbastanza corta, collant neri e un paio di decoltè basse che ancora mi fanno un po' male in punta. Dalla piazza vicina arrivano gli schiamazzi di alcuni giovani, sui gradini della chiesa in un braciere ardono rami d'ulivo, le lingue di fuoco si agitano e proiettano bagliori sulla porta del tempio, mi stringo nel giubbino, mi sento inquieta, ho paura.
Steffi tarda a tornare ed io mi domando come mi caverei da questa situazione se lei non dovesse arrivare proprio.
Le persone nella piazza mi fanno paura, mi sento sola nonostante mia moglie sia qui con me, anzi proprio perché lei è qui con me mi sento responsabile di quel che potrebbe accadere. Paure irrazionali, senso di vergogna, un accenno di panico, il vento che mi spinge ancora di più nell'angolo, una coppia che passa lancia un'occhiata, trascorre un tempo infinito, poi Steffi arriva, entriamo nel locale e per un po' mi calmo, ma non è stato facile, non è stato bello, avrei voluto essere altrove, e non potevo.

Anche in questo momento vorrei essere altrove, e non posso.
Seduta su una panca della funicolare che ci sta portando a Orvieto, stretta con qualche decina di persone in uno spazio angusto, mi sento scrutata, osservata, forse giudicata se non da tutti, quasi. Una coppia con un bambino seduta davanti a me pare l'unica a non degnarmi di uno sguardo, ma gli altri: basta che giri gli occhi verso di loro per cogliere l'attimo in cui distolgono lo sguardo a loro volta, dandomi la certezza che fosse rivolto verso di me. Provo imbarazzo ma non vergogna, quella no, sento il peso di quegli sguardi, di quelle occhiate, di quella gente di cui in fondo nulla m'importa, persone che adesso sono qui ma che non rivedrò mai più, eppure capaci di farmi star male, e sono io che sto dando loro questo potere: io, solamente io.
Questa sensazione mi seguirà tutto il giorno, e mi abbandonerà solo quando salirò in macchina per tornare a casa.

Il gran finale si gioca a Terni in un centro commerciale, il lunedì di pasquetta.
Sono abituata ai centri commerciali, andrà tutto bene, penso. E sbaglio.
Fin da subito mi rendo conto che qualcosa non va: ancora una volta troppe occhiate, troppi sguardi, ne sto raccogliendo di più adesso che in un mese a Torino e non riesco a capire perché, dal momento che io sono sempre la stessa. Mia moglie conferma: guardano soprattutto me, e in una certa misura anche Steffi, ma meno. Mi viene da ridere, è una reazione che a volte ho quando tutto, ma proprio tutto, si mette male. Da un certo punto in poi è come se mi vedessi da fuori, come se l'imbarazzo dopo aver superato il livello di guardia mi portasse a considerare il tutto come un film di qualcun altro, alla cui proiezione sto assistendo. Non capisco, non mi capacito, vorrei essere altrove e se ci fosse il pulsante "abort" l'avrei già premuto mille volte, ma non c'è.
Resto, ma si vede che sto soffrendo,
Stavo cercando il mio limite, ma ha fatto prima lui a trovare me.
Mi rendo conto di tante cose che non vanno nel modo in cui mi presento, dettagli certo, ma tutti insieme pesano, fanno la differenza. Non è che sia vestita in modo inappropriato, o che il trucco sia sbagliato, è che manco di naturalezza, di disinvoltura, è che sto recitando la parte senza farla veramente mia, in modo stentato, imbarazzato, rigido.
Il punto è che io non sono come loro, come queste donne che vedo intorno indaffarate nelle loro cose, ma nemmeno vorrei esserlo. Non riesco a confondermici, a mimetizzarmi tra di loro perché mi sento da loro diversa, lontana, in un certo senso aliena.
Non sono come loro, nè voglio esserlo.
Per questo mi guardano, mi osservano, forse alcune mi giudicano, altre forse ridono.
Perché sono sopratutto donne, quelle che guardano.
Eccolo qui, il mio limite.
Non posso sembrare una donna come le altre, se non sento di esserlo.
E allora mi dovrò inventare qualcosa, per poter continuare a giocare.
"Perché lo fai", mi chiederà più tardi Steffi.
"Per trovare un senso a una vita" risponderò io, senza pensarci più di tanto.
Ma sono solo parole.
"Questa è vita reale, non un palcoscenico" incalzerà lei.
"Ma la vita reale è una recita anch'essa, solo con attori più convinti, più calati nel ruolo, che spesso neanche si accorgono di recitare" obietterò io.

Ma che ruolo voglio per me su questo palco, ancora non l'ho deciso.

Forse non esiste neanche: me lo dovrò inventare.


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virgolette
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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da virgolette »

La foto davanti al Colosseo è strepitosa, sei una meraviglia. In quanto al tuo limite, sapevi bene che ti avrebbe trovato, era solo questione di tempo.
Se vorrai continuare ad uscire sicuramente ti succederà di nuovo, periodicamente, e sta solo a te decidere se ne vale la pena. Io ho scelto di non impersonare chi era impossibile da impersonare e mi godo il mio stile fregandomene delle occhiate e dei giudizi ma capisco i dubbi e le paure di chi ha fatto una scelta diversa per volontà o per necessità.
Posso solo invitarti a proseguire nel tuo lavoro di perfezionamento che ti darà sicuramente altre soddisfazioni, ma alla fine, guardando lo specchio con franchezza, dovrai sempre ammettere che una donna è un'altra cosa.
Ti abbraccio.

Un amico.
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marina_65
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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da marina_65 »

@Anna visto che abito in Zona e Terni e Orvieto sono posti dove capito spesso , quindi hai citato luoghi che frequento abitualmente , diciamo che conoscendo la zona e la fauna locale non sono esattamente i posti ideali per passare inosservati , praticamente lo "straniero" , intesa come persona non della zona, viene notato subito , vedi pure la Polfer di Orte che ormai e' abituata a individuare chi non e' abituale della stazione , Orte e' essenzialmente una stazione frequentata da Pendolari e con un residuale traffico verso la Terni/Foligno / falconara , quindi con piu' o meno sempre le stesse facce .

Chiaro che siamo lontani mille miglia da quella che viene considerata la tradizionale riservatezza Piemontese , quindi uscendo en femme qui in zona , ma lo stesso discorso penso valga per tutto il resto dell'Italia escluse le regioni del Nord , va messo in conto di diventare oggetto di osservazione più o meno approfondita , questo da una parte magari mette in imbarazzo , quello che hai provato tu , dall'altro serve ad uscirne fortificati nel senso che superata questa esperienza che forse può risultare un pochino traumatica demolendo le proprie certezze ma che in ultima analisi serve ad avere consapevolezza che anche se oggetto di attenzione nessuno commenta oltre o importuna.

Poi e' altrettanto chiaro che il concetto di passabilità e' sempre relativo e penso che poche possano realmente passare come donne al 100% e va messo in conto di rischiare di diventare oggetto di attenzione più o meno palese da parte delle persone che si incrociano e regolarsi di conseguenza con l'unica arma efficace "FREGARSENE" e vivere la propria vita senza farsi condizionare dall'esterno e in questo il tuo passaggio in queste zone potrebbe aver costituito il primo passo in questa direzione .

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SabryNera
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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da SabryNera »

condivido con Marina: Anna, in te non c'era nulla che non andava, è solo che al Sud e, scopro ora, anche al Centro, l'approccio delle persone è diverso e la "guardata" fa stabilmente parte delle nostre abitudini. Da un lato, nella vita quotidiana, è confortante, sai di far parte di una comunità urbana e consola, ma quando si tratta di vivere un'esperienza fuori dall'ordinario diventa una cappa. In quanto "straniera" saresti comunque finita nel fuoco incrociato degli sguardi senza che tu, anche se fossi stata bio, potevi fare nulla.

Quindi il consiglio di "fregarsene" è più che azzeccato, anche perché alcuni problemi te li fai solo tu: la foto al Colosseo è davvero meravigliosa non hai davvero niente altro da chiedere.

Sul resto, sul tuo ruolo, deciderai da sola. Magari vivendo con più spensieratezza queste uscite, non si può avere tutto sotto controllo e la gioia che trasmetti nella tua esperienza romana è proprio quella di chi si lascia andare. Alla fine, anche quando ti sei sentita sotto pressione, ti sono arrivate solo delle guardate, nessun sanpietrino.

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stefania007
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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da stefania007 »

AnnaSettantatre ha scritto:Stazione di Orte, binario 5.

E' un sabato mattina di marzo, domani sarà pasqua,
Attendo con mia moglie il treno per Roma, a qualche decina di metri da noi la mia amica Steffi sta telefonando.
Due poliziotti si avvicinano, ci chiedono i documenti.
La prima cosa che mi viene in mente da dirgli, e che gli dico, è che la residenza indicata sul mio documento non è aggiornata, che poi è la stessa cosa che gli avrei detto in circostanze normali.
"Non si preoccupi, non importa" è la risposta.
Le circostanze a dire il vero tanto normali non sono: indosso un giubbottino nero leggero in similpelle, una maglietta rosa scuro abbondantemente scollata, un paio di jeans skinny e i miei inseparabili anfibi neri e, ovviamente, trucco e parrucca bionda.
Non provo inquietudine o apprensione, curiosamente immagino che se uno di loro mi chiedesse perché vado in giro così, ecco, non saprei cosa rispondergli.
Ma i due non fanno una piega, controllano i documenti -il mio e quello di mia moglie- poi ringraziano, ce li restituiscono e procedono oltre.
E così senza quasi neanche accorgermene passo il mio primo controllo da parte delle forze dell'ordine, mentre sono al femminile e attendo il treno per Roma, al binario 5 della stazione di Orte, in questo assolato e ventoso sabato prima di pasqua.

Siamo immersi nella fiumana di persone che da Termini si dirigono verso il colosseo e nessuno fa caso a me, o almeno credo. Poco fa Steffi mi ha detto che potrei assomigliare a una turista del nord Europa, sia per l'altezza che per la capigliatura, e allora ho deciso che per un po' mi rivolgerò a lei parlando inglese, perché trovo divertente giocare a fare la svedese in visita alla capitale. Mi sento bene e a mio agio in mezzo a questa folla cosmopolita e varia, non provo particolari emozioni, ma mi sembra di essere, come dire, al mio posto.
Poco più tardi, con lo sfondo del colosseo, Steffi mi farà alcune foto ed una in particolare mi piacerà: indosso gli occhiali da sole, ho i capelli scompigliati dal vento, sorrido.

E' notte fonda a Bagnaia, piccolo borgo diosaddove che abbiamo raggiunto per cenare in una pizzeria, Steffi è andata a parcheggiare e ci ha detto, a me e a mia moglie, di entrare nel locale e di andare a prendere il tavolo ma io mi sono bloccata, e ho deciso di aspettarla fuori, in un angolo in cima alla discesa che porta all'ingresso.
Fa freddo e tira un vento gelido, indosso un giubbino bianco imbottito, una gonna pantalone grigia abbastanza corta, collant neri e un paio di decoltè basse che ancora mi fanno un po' male in punta. Dalla piazza vicina arrivano gli schiamazzi di alcuni giovani, sui gradini della chiesa in un braciere ardono rami d'ulivo, le lingue di fuoco si agitano e proiettano bagliori sulla porta del tempio, mi stringo nel giubbino, mi sento inquieta, ho paura.
Steffi tarda a tornare ed io mi domando come mi caverei da questa situazione se lei non dovesse arrivare proprio.
Le persone nella piazza mi fanno paura, mi sento sola nonostante mia moglie sia qui con me, anzi proprio perché lei è qui con me mi sento responsabile di quel che potrebbe accadere. Paure irrazionali, senso di vergogna, un accenno di panico, il vento che mi spinge ancora di più nell'angolo, una coppia che passa lancia un'occhiata, trascorre un tempo infinito, poi Steffi arriva, entriamo nel locale e per un po' mi calmo, ma non è stato facile, non è stato bello, avrei voluto essere altrove, e non potevo.

Anche in questo momento vorrei essere altrove, e non posso.
Seduta su una panca della funicolare che ci sta portando a Orvieto, stretta con qualche decina di persone in uno spazio angusto, mi sento scrutata, osservata, forse giudicata se non da tutti, quasi. Una coppia con un bambino seduta davanti a me pare l'unica a non degnarmi di uno sguardo, ma gli altri: basta che giri gli occhi verso di loro per cogliere l'attimo in cui distolgono lo sguardo a loro volta, dandomi la certezza che fosse rivolto verso di me. Provo imbarazzo ma non vergogna, quella no, sento il peso di quegli sguardi, di quelle occhiate, di quella gente di cui in fondo nulla m'importa, persone che adesso sono qui ma che non rivedrò mai più, eppure capaci di farmi star male, e sono io che sto dando loro questo potere: io, solamente io.
Questa sensazione mi seguirà tutto il giorno, e mi abbandonerà solo quando salirò in macchina per tornare a casa.

Il gran finale si gioca a Terni in un centro commerciale, il lunedì di pasquetta.
Sono abituata ai centri commerciali, andrà tutto bene, penso. E sbaglio.
Fin da subito mi rendo conto che qualcosa non va: ancora una volta troppe occhiate, troppi sguardi, ne sto raccogliendo di più adesso che in un mese a Torino e non riesco a capire perché, dal momento che io sono sempre la stessa. Mia moglie conferma: guardano soprattutto me, e in una certa misura anche Steffi, ma meno. Mi viene da ridere, è una reazione che a volte ho quando tutto, ma proprio tutto, si mette male. Da un certo punto in poi è come se mi vedessi da fuori, come se l'imbarazzo dopo aver superato il livello di guardia mi portasse a considerare il tutto come un film di qualcun altro, alla cui proiezione sto assistendo. Non capisco, non mi capacito, vorrei essere altrove e se ci fosse il pulsante "abort" l'avrei già premuto mille volte, ma non c'è.
Resto, ma si vede che sto soffrendo,
Stavo cercando il mio limite, ma ha fatto prima lui a trovare me.
Mi rendo conto di tante cose che non vanno nel modo in cui mi presento, dettagli certo, ma tutti insieme pesano, fanno la differenza. Non è che sia vestita in modo inappropriato, o che il trucco sia sbagliato, è che manco di naturalezza, di disinvoltura, è che sto recitando la parte senza farla veramente mia, in modo stentato, imbarazzato, rigido.
Il punto è che io non sono come loro, come queste donne che vedo intorno indaffarate nelle loro cose, ma nemmeno vorrei esserlo. Non riesco a confondermici, a mimetizzarmi tra di loro perché mi sento da loro diversa, lontana, in un certo senso aliena.
Non sono come loro, nè voglio esserlo.
Per questo mi guardano, mi osservano, forse alcune mi giudicano, altre forse ridono.
Perché sono sopratutto donne, quelle che guardano.
Eccolo qui, il mio limite.
Non posso sembrare una donna come le altre, se non sento di esserlo.
E allora mi dovrò inventare qualcosa, per poter continuare a giocare.
"Perché lo fai", mi chiederà più tardi Steffi.
"Per trovare un senso a una vita" risponderò io, senza pensarci più di tanto.
Ma sono solo parole.
"Questa è vita reale, non un palcoscenico" incalzerà lei.
"Ma la vita reale è una recita anch'essa, solo con attori più convinti, più calati nel ruolo, che spesso neanche si accorgono di recitare" obietterò io.

Ma che ruolo voglio per me su questo palco, ancora non l'ho deciso.

Forse non esiste neanche: me lo dovrò inventare.


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Ma stai benissimo non vedo il problema. Brava complimenti


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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da Evatravbg »

AnnaSettantatre ha scritto: martedì 2 aprile 2024, 22:19 Stazione di Orte, binario 5.



Ma che ruolo voglio per me su questo palco, ancora non l'ho deciso.

Forse non esiste neanche: me lo dovrò inventare.


20240331_092102_Red.jpg
Ciao Anna guarda caso è la domanda che mi son posta prima dalla psicologa
Si tutt'altro argomento ma la domanda è stata "cosa è che voglio io...." è una bella domanda ma come vedi sono argomenti comuni a diverse persone che si analizzano... A volte anche troppo ahah.. ..

Spesso penso sia meglio fare quello che ho scritto in una sorta di vademecum che ho compilato sul lavoro e che rileggo spesso....

Un punto è : meglio non farsi troppe domande..

Lasciare l'andare a vita come va e lasciar accadere quello che deve accadere chiaro che è molto facile da dire e meno da mettere in atto però secondo me più ci si avvicina a questo livello meglio si sta.... In tutti i campi

Ciao
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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da LauraB »

AnnaSettantatre ha scritto: martedì 2 aprile 2024, 22:19 Non posso sembrare una donna come le altre, se non sento di esserlo.
E allora mi dovrò inventare qualcosa, per poter continuare a giocare.
"Perché lo fai", mi chiederà più tardi Steffi.
"Per trovare un senso a una vita" risponderò io, senza pensarci più di tanto.
Ma sono solo parole.
"Questa è vita reale, non un palcoscenico" incalzerà lei.
"Ma la vita reale è una recita anch'essa, solo con attori più convinti, più calati nel ruolo, che spesso neanche si accorgono di recitare" obietterò io.

Ma che ruolo voglio per me su questo palco, ancora non l'ho deciso.
La terribile vita reale, dove calarsi nel ruolo richiede che questo "ruolo" lo si senta proprio, e viene prima di trucco parrucco e abiti. Poi chiaramente , specie per chi è alta, bio o meno, l essere inquadrata è la norma. Bisogna abituarcisi. tanto piu se si è bionde.
Tu stai facendo qualcosa dove mancandoti l esperienza precedente devi fare le corse ( e anche errori) per recuperare il tempo passato.
Questi tre giorni sono stati importanti, ora a mente fredda puoi fare le valutazioni senza le paure.
PS se serve chiamami..
Laura Bianchi

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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da AnnaSettantatre »

Grazie Laura,

Negli anni ho letto tanti post che avevano come argomento le uscite, e quasi mai ho trovato descritte sensazioni come quelle che ho provato e sto provando io.

Se da un lato posso confermare che uscire è un'esperienza del tutto sicura se fatta nei luoghi e nei tempi appropriati, e parliamo di luoghi pubblici frequentati e di ore diurne, dall'altra stento a ricordare episodi in cui siano state riportate sensazioni di disagio, di vergogna o anche di paura.

Magari è la mia memoria che non funziona più tanto bene, ma la maggior parte dei racconti che ho letto insistevano su sensazioni di benessere, senso di liberazione, euforia e serenità.

Ho provato anche io queste sensazioni, il problema è che ci sono giorni in cui le provo e giorni in cui invece mi sento a disagio, ecco questo volevo comunicare: non sempre le cose vanno per il verso giusto, non sempre sono rose e fiori.

Sarebbe lecito sospettare che sia un problema solo mio, ma avendo potuto parlare in privato con altre persone ho scoperto che invece è assai comune, e che specie all'inizio qualcuna ha avuto vere e proprie crisi di panico, oltre al grande classico di prepararsi e poi desistere al momento di varcare la soglia di casa o di scendere dalla macchina.

Provare apprensione, paura, disagio e vergogna fa parte del gioco, dopotutto quello che facciamo non è semplicemente prendere e andare a fare una passeggiata ma ha profonde implicazioni a livello personale e sociale, e bisogna essere davvero molto saldi nelle proprie convinzioni per non provare un minimo di sgomento.

Concordo che con il tempo le sensazioni negative diminuiscono e subentra una disinvoltura che rende tutto più facile, ma mi sembra giusto anche raccontare che all'inizio non è sempre così, e che le giornate storte possono capitare.
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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da marina_65 »

AnnaSettantatre ha scritto: giovedì 11 aprile 2024, 17:50 Grazie Laura,

Negli anni ho letto tanti post che avevano come argomento le uscite, e quasi mai ho trovato descritte sensazioni come quelle che ho provato e sto provando io.

Se da un lato posso confermare che uscire è un'esperienza del tutto sicura se fatta nei luoghi e nei tempi appropriati, e parliamo di luoghi pubblici frequentati e di ore diurne, dall'altra stento a ricordare episodi in cui siano state riportate sensazioni di disagio, di vergogna o anche di paura.

Magari è la mia memoria che non funziona più tanto bene, ma la maggior parte dei racconti che ho letto insistevano su sensazioni di benessere, senso di liberazione, euforia e serenità.
Il discorso e che molte hanno iniziato da giovani e magari avevano interrotto per riprendere piu' in la con gli anni , da giovani in generale si hanno meno problemi e la cosa te la porti dietro , ci sommi che come ti ho scritto con l'uscita nelle mie zone ti sei vista con gli occhi addossi e di conseguenza ti sei portata la sensazione a casa , niente di nuovo e' capitato ad altre che nelle prime uscite hanno avuto la stessa sensazione di essere diventate il centro dell'attenzione e ci hanno messo un pò per superarla . Poi chiaramente se la cosa continua a portarti disagio alla fine l'obiettivo di tutti e di stare bene e ci sono poche cose indispensabili nella vita e del resto delle cose se ne può fare a meno e fondamentalmente non si vive per dimostrare qualcosa agli altri .

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Re: Tre giorni al limite

Messaggio da LauraB »

AnnaSettantatre ha scritto: giovedì 11 aprile 2024, 17:50 Se da un lato posso confermare che uscire è un'esperienza del tutto sicura se fatta nei luoghi e nei tempi appropriati, e parliamo di luoghi pubblici frequentati e di ore diurne, dall'altra stento a ricordare episodi in cui siano state riportate sensazioni di disagio, di vergogna o anche di paura.
se ne parla poco perchè sono ricordi che non fanno piacere.

Uscire in un centro commerciale, che è sempre un luogo sicuro, richiede coraggio. Io e tante altre siamo arrivate davanti a questi centri, magari a 40 km, per poi non scendere dall'auto e tornare a casa. Ricordo che quando ho compratola mia prima parrucca seria ( a legnano, 120 km) sono scesa dall'auto solo dopo 30 minuti.
Altre volte sei fuori tranquilla, qualcuno ti addita e tu vai in crisi e da quel momento , in cui decidi di tornare in auto, è un calvario.
Nel mio primo anno pre-forum è stato cosi molto spesso, ci ho messo 3 anni per superare la paura.
E' stato graduale, con alti e bassi.
Guadagnare quella sicurezza e quella faccia tosta per cui se va male te ne freghi, richiede perseveranza.
Laura Bianchi

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